Umani Ronchi: tre terroir, una sola anima

Nel 1957 Gino Umani Ronchi fonda una piccola azienda agricola nelle Marche, a Cupramontana, dove il Verdicchio Classico è di casa. Saranno Roberto Bianchi e suo genero Massimo Bernetti a rilevarla nel 1968, acquisendone il marchio e la proprietà. Nel 1990, Michele (figlio di Massimo) entra in azienda nel ruolo di General Sales Manager e contribuisce alla commercializzazione dei vini ai mercati esteri, tanto che nel 1994, il Pelago 1994 (creato da Giacomo Tachis), è vincitore dell’International Wine Challenge e Miglior Vino Rosso dell’anno. Oggi, Massimo e Michele esprimono l’amore e la passione per il proprio lavoro attraverso la cura e il rigore con cui vengono custodite le vigne e i processi di produzione, con lo sguardo proiettato sempre verso il futuro, l’uno accanto all’altro.
Vigneti: la triade che funziona
Tre territori, a tratti lontani (per distanza e peculiarità), ma con la stessa anima. Da Serra dei Conti, nelle Marche, a Roseto degli Abruzzi, Umani Ronchi detiene 210 ettari vitati distribuiti lungo la costa Adriatica: 185 km di filari e 12 vigneti, studiati e voluti per garantire il terroir migliore alle più evolute tecniche agronomiche ed enologiche. Obbiettivi enologici, dunque, qualitativamente elevati.
Il Verdicchio dona il meglio di sé nella bellissima zona dei Castelli di Jesi, nelle Marche, dove il terreno franco e argilloso con elevata fertilità è capace di grandi riserve idriche. Nel Conero, un territorio dove la presenza di calcare è importante, si coltiva un fantastico Montepulciano. Sempre sulla costa adriatica, questa volta in Abruzzo, il vigneto Monti Pagano nelle zone di Roseto degli Abruzzi e Morro d’Oro, sfoggia vitigni come il Montepulciano e il Pecorino che si lasciano nutrire da un terreno alluvionale franco argilloso/sabbioso che lascia affiorare, a tratti, la ghiaia sottostante.
Inoltre, Umani Ronchi ha scelto di convertirsi al biologico da ben vent’anni! Il processo di conversione di tutto il patrimonio vitato è iniziato in Abruzzo nel 2001 con la prima certificazione biologica, ed è andato completandosi con il Verdicchio nella vendemmia 2015. Una scelta tecnica, prima che ideologica, pensata soprattutto per la protezione delle biodiversità territoriali, il rispetto per la natura stessa.